Le manovre per vendere pezzi dei gioielli di Stato sono iniziate
Per
quanto il governo si trinceri dietro ai “no comment” sull’ipotesi di mettere
sul mercato una quota consistente dell’Eni, il piano di privatizzazioni è in
corso. Del colosso petrolifero si cederebbe fino al 4 per cento,
praticamente la quota in capo al Ministero dell’Economia, per ricavare circa
due miliardi. Non si perderebbe il controllo pubblico perché un altro 27 per
cento abbondante è di Cassa Depositi e Prestiti, il braccio finanziario
dell’Erario.
Un programma “ambizioso”
L’indiscrezione
combacia col disegno delineato a grandi linee da Giorgia Meloni e cioè: vendite
parziali e mantenimento della maggioranza. Il tutto per soddisfare un
programma, definito ambizioso, che punta a racimolare una ventina di miliardi
entro il 2026.
Il peso del debito pubblico
Soldi che non potranno essere utilizzati per le spese correnti (e
quindi – per esempio – per la prossima manovra) ma per ridurre il nostro enorme
debito pubblico (oltre 2.800 miliardi), previsto solo in leggerissima
discesa in rapporto al Pil. A conti fatti, si tratterebbe di una goccia
nell’oceano, ma sarebbe un segnale rassicurante che l’Italia dà agli
investitori stranieri, ai quali quest’anno chiederemo 350 miliardi per
finanziarci coi titoli di Stato senza il paracadute degli acquisti della Banca
Centrale Europea.
Poste Italiane, ipotesi alleggerimento dello Stato
Per
raggiungere l’obiettivo delle privatizzazioni, ovviamente Eni non basta. Sul
tavolo ci sarebbe anche Poste Italiane, al 64 per cento dello Stato. Quanto si
lascerebbe ai privati è da decidere: dimezzare la quota pubblica frutterebbe
quasi quattro miliardi, conservarne il 51 per cento porterebbe molto meno (1,7
miliardi). In ogni caso, i tempi sarebbero molto più lunghi di quelli di Monte
dei Paschi di Siena, di cui a novembre è stato ceduto il 25 per cento (per 920
milioni) con un iter rapido che non garantisce il massimo introito.
Ferrovie sul mercato, ci si riprova
Nel
mirino, poi, ci sarebbe Ferrovie dello Stato, interamente pubblica. Vendendo il
49 per cento si otterrebbero fino a cinque miliardi, ma finora si è vociferato
di un ingresso minoritario di privati solo nella società che gestisce i treni,
lasciando binari e stazioni nelle mani pubbliche. Un’idea del genere è stata
formulata otto anni fa ma poi non se n’è fatto nulla. https://tg24.sky.it/economia
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