OPERAZIONE SAN CATALDO” SMANTELLATA VASTA E COMPLESSA ORGANIZZAZIONE ECOCRIMINALE DEDITA ALLO SMALTIMENTO ILLECITO DI RIFIUTI PERICOLOSI OPERANTE NELLA PROVINCIA DI TARANTO
Nella giornata di oggi 25 maggio, personale della Capitaneria di porto – Guardia Costiera, a seguito di una complessa attività di indagine, condotta sotto il coordinamento investigativo della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, ha posto in esecuzione apposito decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. del Tribunale di Lecce su richiesta del P.M. Milto Stefano De Nozza, attraverso cui si ritiene di avere smantellato una articolata catena ecocriminale dedita all’illecito smaltimento di rifiuti pericolosi operante nell’intera Provincia di Taranto.
Le attività investigative, condotte per mesi da parte della
Guardia Costiera di Taranto legate ai lavori di rettifica, allargamento e
adeguamento strutturale della banchina di levante del molo San Cataldo e di
quelli di consolidamento della calata del porto di Taranto, hanno permesso di
ipotizzare l’esistenza di una articolata organizzazione dedita al traffico
illecito di rifiuti, composta da tre società, che con più operazioni
continuative e attraverso l’allestimento di più mezzi ad essa strumentali,
avrebbero posto in essere una strutturata ed abusiva gestione nelle tre fasi di
produzione, trasporto e smaltimento, di ingenti quantità di rifiuti
pari a 16.264, 75 tonnellate di terre e rocce da scavo (C.E.R.
17.05.04) molti dei quali privi delle analisi di caratterizzazione e parti dei
quali costituiti da fanghi di dragaggio (CER 17.05.06) illecitamente
qualificati terre e rocce da scavo – nonchè materiali misti di
demolizione (CER 17-09.04) – interamente conferiti presso un impianto
esclusivamente a suo tempo autorizzato al recupero in procedura semplificata, e
ivi smaltiti mediante tombamento così trasformando detto sito di stoccaggio per
il recupero in un sito di smaltimento e, quindi, in una verosimile discarica
abusiva di oltre 40.000 metri quadrati circa di estensione e
ciò al fine di conseguire un ingiusto profitto.
Tre le società coinvolte, otto, invece, i soggetti indagati
a vario titolo di quanto contestato, nei cui confronti, in aggiunta alla
sospensione dei relativi titoli abilitativi all’esercizio delle attività si è,
altresì, proceduto al sequestro preventivo finalizzato alla confisca
obbligatoria del profitto di reato ex artt. 19, 25 undicies e
53 del d.lvo 231/2001, in relazione al reato di attività organizzata per
il traffico illecito di rifiuti di cui all’art. 452 quaterdecies,
dei saldi attivi di conti correnti bancari e/o postali, ovvero in forma di
sequestro per equivalente di un ammontare complessivo di oltre 1.200.000
Euro.
Nel corso della medesima operazione si è, inoltre,
proceduto:
- al
sequestro di cinque motrici e relativi rimorchi di
proprietà della società incaricata del trasporto dei rifiuti dal sito di
produzione al luogo di illecito smaltimento;
- al
sequestro di una cava dismessa destinata a discarica
abusiva che si estende per una superficie complessiva di circa
quattro ettari di terreno avente capacità contenitiva
accertata di oltre 300.000 metri cubi, in cui risultano illecitamente
tombati in un lungo arco temporale migliaia di tonnellate di rifiuti
indiscriminati.
Le attività investigative, protrattesi per mesi da parte del
nucleo di polizia giudiziaria della Guardia Costiera di Taranto attraverso
l’utilizzo di investigazioni di natura tecnica e documentale, hanno consentito,
di ricostruire e cristallizzare in termini di dettaglio un quadro di
responsabilità di notevole complessità con gravi ripercussioni di natura
ambientale.
In particolare l’analisi delle condotte illecite poste in
essere dalle società coinvolte, nonché la disamina dei flussi economici, della
relativa documentazione fiscale e dei F.I.R, ha consentito di ipotizzare un
significativo profitto economico consistito nell’effettivo ingiusto guadagno
ottenuto dal mancato recupero di ingenti quantità di rifiuti protrattosi per
mesi e nel loro tombamento mediante realizzazione di una discarica abusiva
all’uopo realizzata e sottoposta a sequestro, a cui si aggiunge l’evidente
compromissione e deterioramento ambientale conseguenti a tali condotte, atteso
che i rifiuti in parola provengono da un’area SIN (sito di interesse
nazionale), presentanti concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti
tabellari di legge stabiliti dal Testo Unico Ambientale .
Nell’ambito delle complesse attività investigative poste in
essere dalla Guardia Costiera di Taranto veniva ipotizzato che la Società
appaltatrice dei lavori produttrice dei rifiuti derivanti dai processi di
dragaggio, demolizione ed escavazione, affidava gli stessi a specifica ditta di
trasporto che a sua volta, in assenza delle doverose e prescritte
caratterizzazioni di non pericolosità legate alla particolare natura inquinante
dei rifiuti di che trattasi, procedeva al suo conferimento e successivo
tombamento, non in una discarica a tal fine autorizzata, bensì, in una
cava di tufo di ingenti dimensioni contenitive ubicata nel Comune di Massafra
(TA) località Canonico, non rivestente, in quanto tale, la qualifica di discarica
in senso tecnico, in quanto la relativa autorizzazione a ricevere rifiuti come
discarica era scaduta sin dal 2008 e non era mai stata rinnovata .
Le fittissime attività di controllo poste in essere dalla
Guardia Costiera tarantina che - attraverso l’utilizzo di tecnologie
investigative atte a tracciarne i relativi percorsi - ha monitorato per
mesi decine di trasporti del materiale suddetto dal luogo di produzione a
quello di illecito smaltimento, hanno consentito di ipotizzare che siffatto
sito da tempo inutilizzato veniva abusivamente impiegato come discarica
di rifiuti e non come centro di recupero, in tal modo eludendo la prescritta
disciplina di settore così ottenendo il conseguente abbattimento dei costi di
smaltimento che sarebbero stati esponenzialmente più alti laddove fosse
avvenuto in modo corretto.
Il complesso quadro indiziario ricostruito in sede di
indagine, ha consentito di costruire un sistema di smaltimento che – basato su
una precisa volontà di reiterazione temporale della condotta criminale posta in
essere –sarebbe connotato da una forte organizzazione e collaborazione tra le
tre società componenti la filiera ecocriminale di che trattasi, tutte parimenti
coinvolte, nel quale ciascuna di esse assicurava un segmento necessario della
condotta illecita funzionale alla distruzione dei rifiuti in spregio alla
normativa vigente, adoperandosi alla consumazione continuativa e sistematica
dei gravi illeciti realizzati, recanti ingenti danni ambientali sotto forma di
inquinamento del territorio, in un’area geografica già fortemente penalizzata
sotto tale profilo.
E lo stesso contenuto delle intercettazioni risulterebbe
esemplificativo della precipua chiara e univoca volontà a delinquere da parte
di dette imprese (che, invece, per connotazione specifica di filiera
imprenditoriale di appartenenza avrebbero dovuto essere preposte a preservare
l’equilibrio delle matrici ambientali), nel reiterare la condotta allorquando
si diceva che quei rifiuti non c’era “un ca…. da lavare” perché ritenuti
non pericolosi.
La costante vigilanza ambientale dell’intero Compartimento
marittimo di Taranto che si estende per 190 chilometri fino ad
abbracciare l’intera Basilicata Jonica, portata avanti dalle donne e dagli
uomini della Guardia Costiera Taranto in stretto coordinamento con la compente
Autorità giudiziaria, ha così consentito, di ipotizzare l’esistenza di una
illecita filiera economico/produttiva connotata dal mero ed esclusivo scopo di
lucro, a danno e detrimento del “bene” ambiente e della salute dei
cittadini.
Tale attività di capillare monitoraggio ambientale che già
nello scorso mese febbraio ha portato al sequestro di due dei più
importanti siti in uso ad altrettante società esercitanti, nella provincia
Jonica, attività di estrazione materiali da cava e di recupero rifiuti, adibiti
ad abusive discariche di rifiuti, continueranno senza sosta da parte della
Guardia Costiera a salvaguardia e tutela di detti valori primari
costituzionalmente protetti al fine di contrastare in maniera sempre più
incisiva ogni tentativo di spoliazione e aggressione da parte
dell’ecocriminalità organizzata.
Commenti
Posta un commento