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Premierato, quel tentativo di sequestrare il referendum costituzionale


 |By Alfiero Grandi

In questi giorni c’è chi si incarica di dare un appuntamento a nome di un’area di volenterosi a dopo le elezioni europee, quando i cittadini avranno già votato e quindi saranno usciti di scena, nell’illusione di costruire una nuova versione del premierato tale da bloccare il ricorso al referendum costituzionale, che è evidentemente la bestia nera dei fautori di questa posizione.

Il punto debole di questa posizione sta nel fatto che il Governo ha presentato una sua proposta di legge (firmata da Meloni e Casellati) sull’elezione diretta del Presidente del Consiglio, più o meno sul modello dei Presidenti di regione. Senza dimenticare che le modifiche al testo presentato dal governo vengono concordate dentro la maggioranza e presentate dal governo a nome di tutta la maggioranza.

Una proposta di legge di peso, che punta all’elezione diretta del Presidente del Consiglio, presentata dal solo Governo non è procedura normale. Anzi è un sequestro del confronto politico parlamentare all’interno della sola maggioranza. Come dimostra il comportamento della Lega che ha insistito al Senato per proporre suoi emendamenti per ottenere il 3° mandato per i sindaci dei comuni sopra i 15.000 abitanti e per i Presidenti di Regione.

Questi emendamenti a un testo di modifica della Costituzione sono una evidente forzatura e infatti sono stati ritirati o bocciati dalla stessa maggioranza.

L’ennesimo tentativo di cambiare la Costituzione

 

Certo non è il primo governo che prova a cambiare la Costituzione da solo, anche Renzi ci ha provato ma non c’è riuscito.
In passato le iniziative per cambiare la Costituzione sono state prevalentemente parlamentari, con tutti i partiti coinvolti, modalità molto diversa da una proposta del solo Governo, che presuppone un confronto tra maggioranza e opposizione. Un confronto in sostanza tra proposte diverse o alternative, senza steccati precostitutiti.

Infatti il Governo è espressione della sola maggioranza e – come sta avvenendo – sequestra la discussione sui punti decisivi, ad esempio modificando continuamente il punto sul capo del governo, facendo non poca confusione, anche perché non tutta la maggioranza è disponibile ad accettare il “simul stabunt simul cadent” tra governo e parlamento, cioè il legame inscindibile tra vita del governo e vita della legislatura.

Non va dimenticato che la proposta Meloni/Casellati in realtà non attua neppure il programma delle destre, che prevede l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, ma punta ad eleggere direttamente il Presidente del Consiglio, che è cosa ben diversa.

Neppure è vero che la maggioranza degli elettori abbia affidato questo compito al Governo, perché nel 2022 ha votato il 63 % degli aventi diritto, la destra ha preso il 44%, cioè il 28 % dei votanti e tanto meno ha raggiunto la maggioranza degli aventi diritto al voto. Quindi la maggioranza degli elettori non ha dato alle destre alcun mandato per modificare la Costituzione del 1948 ed è discutibile che questo mandato ci sia stato anche da parte di tutti gli elettori della destra.

Una maggioranza che, in realtà, maggioranza non è

Senza dimenticare che la maggioranza parlamentare è stata ottenuta grazie ad una legge elettorale per vari aspetti incostituzionale, che ha “regalato” alle destre un premio di maggioranza del 15 %, facendole arrivare al 59 % dei parlamentari. E’ vero che le attuali opposizioni hanno sbagliato a non modificare la legge elettorale quando potevano farlo, ma questo non può essere un alibi per la maggioranza per usare il premio ottenuto in più di parlamentari come un randello per fare passare le sue proposte. Questo rende ancora più incomprensibile per quale ragione un governo che ha una maggioranza parlamentare esagerata voglia cambiare la Costituzione se non per segnare un risultato politico-ideologico, conquistare una bandiera per il suo elettorato.

Il governo ha presentato una proposta di modifica della Costituzione (il premierato) cercando di nasconderne le reali conseguenze sulla Costituzione e sull’equilibrio istituzionale, fino a oscurarne la portata.

Ad esempio. Il meccanismo elettorale proposto in Costituzione, anche tolta l’esplicitazione del 55 % di parlamentari garantiti al soggetto vincente, porterebbe comunque ad un legame inscindibile tra i parlamentari di maggioranza e il capo del governo. Questo legame entrerebbe, ad esempio, in conflitto con l’articolo 67 della Costituzione che prevede che il parlamentare agisca senza vincoli di mandato. Articolo che non viene modificato, mentre il governo propone in realtà un parlamento subalterno al Presidente del Consiglio eletto direttamente, sotto la minaccia permanente di elezioni anticipate. Due norme di significato opposto, destinate a creare una contraddizione nella Costituzione.

 

Il premierato proposto dal governo riduce drasticamente i poteri del Presidente della Repubblica a favore del capo del governo, ma finge che questo non avverrà.

Perché il governo nasconde le conseguenze delle sue proposte, rischiando di scrivere in Costituzione testi contraddittori ? Non solo per evitare forti contrarietà se diventasse esplicito il ridimensionamento del ruolo del Presidente della Repubblica da un lato e del parlamento dall’altro, ma per aggirare la necessità di prevedere un riequilibrio ai troppi poteri concentrati nelle mani del Presidente del Consiglio, il noto check and balance, questo anche a rischio di creare contraddizioni nei testi.

Si vuole fare della presidenza del consiglio una “capocrazia”

In altre parole il ruolo del Presidente del Consiglio diventerebbe una vera e propria “capocrazia”, senza dimenticare che nel concreto il parlamento sta accrescendo alacremente i poteri della Presidenza del Consiglio, ad esempio sulla stessa Autonomia regionale differenziata.

La Costituzione attuale si basa sulla divisione dei poteri con al centro il ruolo del parlamento, che non a caso nel 1948 – dopo lo scioglimento forzato della Camera da parte del fascismo – è diventato fondamento della nostra Repubblica, che è appunto parlamentare.

Perché Meloni ha bisogno dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio? Mi sembra evidente che cerchi una sua legittimazione popolare, oltre i voti al suo partito, ed è evidente che punta a superare la Costituzione democratica e antifascista che non le assicura questo risultato. Perché la nostra Costituzione contraddice le pulsioni autoritarie e qualche nostalgia di troppo del passato.
L’elezione diretta del Presidente del Consiglio è una sorta di “capocrazia”, visto che se ne riparlerebbe dopo 5 anni, con i parlamentari sempre nominati dall’alto e cooptati per fedeltà.

L’alternativa al premierato è semplice: fare eleggere agli elettori tutti i 600 parlamentari, cambiando una legge elettorale che ha letteralmente spezzato il legame tra rappresentanti (i parlamentari) e rappresentati (gli elettori).

È una presa in giro che Meloni chieda ai cittadini di eleggere direttamente il capo del governo in alternativa al potere dei partiti di decidere il Presidente del Consiglio, proprio lei che è Presidente di FdI, del suo partito europeo ed è a capo di un governo che ha una maggioranza parlamentare del 59%, usata per fare passare proposte di legge come l’Autonomia regionale differenziata e ora le modifiche della Costituzione.

È evidente che è in corso un tentativo che si autodefinisce trasversale di rimandare a dopo il voto europeo la ricerca di una soluzione sul premierato diversa da quella attuale. Francamente sembrano largamente sottovalutate le ragioni che hanno spinto Giorgia Meloni a forzare sul premierato. A volte sarebbe meglio prendere seriamente le ragioni altrui e prepararsi a contrastarle, anziché illudersi che siano da attribuire ad insipienza. Sottovalutare gli avversari è da sempre un errore e la proposta di premierato del governo è semplicemente inemendabile e in quanto tale da respingere, anche con il referendum costituzionale popolare, se non verrà fermata prima. Per fortuna i padri e le madri costituenti hanno previsto i referendum, in particolare quello costituzionale. Se non si arriva ai 2/3 dei parlamentari è possibile il referendum sulle modifiche della Costituzione e, grati ai costituenti, usiamolo per fermare questa destra. È l’occasione per rilanciare in Italia una battaglia per attuare e difendere la Costituzione.

Alfiero Grandi

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