A causare la morte del giornalista Andrea Purgatori sarebbe stata un’endocardite infettiva, ovvero un’infiammazione delle valvole cardiache che poteva essere debellata con una cura antibiotica. Lo ha stabilito la perizia chiesta dalla Procura di Roma per accertare se ci siano state sviste e negligenze da parte dei medici che hanno avuto in cura il giornalista affetto da un tumore ai polmoni.
La catena di errori, secondo i periti, parte da metà giugno 2023, ovvero un mese prima della morte del giornalista. Da quel periodo in poi, i segni dell’infezione cardiaca sarebbero infatti stati evidenti. L’accusa al cardiologo (e al team) che lo aveva in cura è quindi di imperizia, ovvero di aver omesso accertamenti clinici essenziali che sarebbero serviti alla diagnosi della patologia. Sì, perché il dato è che Purgatori comincia a soffrire, in quel periodo, di febbre molto alta e le analisi che vengono effettuate non sono adeguate.
“Sarebbe stato certamente opportuno eseguire un set di emocolture e richiedere una consulenza infettivologica. Gli accertamenti indicati avrebbero potuto intercettare il patogeno responsabile degli eventi febbrili e dell’endocardite infettiva, con successiva richiesta di trasferimento in altra struttura” scrivono i periti nel referto.
Purgatori fu successivamente trasferito all’ospedale Umberto I di Roma, dove i sanitari riscontrarono subito l’infezione: sarebbe stato ormai troppo tardi. Dove era ricoverato precedentemente (la clinica Villa Margherita) Purgatori fu invece sottoposto a radioterapia per combattere ipotetiche metastasi cerebrali, mai riscontrate nell’autopsia effettuata sul corpo del giornalista e terapia anti-coagualante. Cure inadeguate e certamente non risolutive per combattere l’infezione che, lo scorso 19 luglio, avrebbe portato alla morte prematura del giornalista.
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