In futuro si andrà in pensione due anni più tardi rispetto a oggi: a dirlo è stato il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, nel corso dell’audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Psb. La stima tiene conto dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento dell’aspettativa di vita, oltre al deciso squilibrio tra forza lavoro e pensionati nel prossimo futuro: come sottolinea l’Istat, tali prospettive comportano “un’amplificazione dello squilibrio tra nuove e vecchie generazioni che appare guidato più dall’attuale articolazione per età della popolazione che dai cambiamenti demografici ipotizzati”.
In uno scenario dove la popolazione anziana è destinata ad aumentare, la popolazione in età attiva e le famiglie sono invece destinate a ridursi, anche a causa del saldo nascite-decessi ancora fortemente negativo. Tutto questo può avere un impatto sui conti pubblici: non è un caso, infatti, che il governo abbia dichiarato nel Piano strutturale di bilancio che “l’allungamento della vita lavorativa costituisce una necessità per la sostenibilità dei sistemi previdenziali. Sono allo studio incentivi alla permanenza nel mercato del lavoro”.
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