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ESCLUSIVA Diego Bottin intervista la giovane scrittrice carmagnolese Vanessa Ferrero


Cari lettori di TITOLOPRIMO PIEMONTE oggi siamo in compagnia di  Vanessa Ferrero, giovane scrittrice carmagnolese , che ci parlerà del suo libro 
Silenzi assordanti”, suo romanzo d’esordio.

Figlia di Valerio Ferrero, meccanico molto conosciuto in città con la sua officina insieme al fratello Massimo, in via Torino a Carmagnola

Buongiorno e grazie del suo tempo. Chi è Vanessa Ferrero?


Grazie a te della possibilità!
Io sono nata a Carmagnola nel 2005, ho diciott’anni. La filosofia e la scrittura sono le mie più grandi passioni. In terza superiore ho cominciato ad abbozzare una storia perché ho sentito il bisogno di dare una forma diversa a una serie di emozioni che mi scorrevano dentro. E ho trovato nella parola scritta un modo per comunicare con me e con gli altri. A ottobre dell’anno scorso la casa editrice Argonauta ha pubblicato il mio primo romanzo, che si intitola Nei silenzi assordanti.
Stai studiando o hai iniziato a lavorare? Cosa ti piacerebbe fare in un futuro prossimo?
Attualmente studio: sto frequentando l'ultimo anno del Liceo Scientifico Tradizionale. Dopo vorrei appunto iscrivermi all’Università di Filosofia. 

Parlaci del tuo libro di cosa parla e a chi si ispira?
Nei silenzi assordanti parla di emozioni e di legami. È un viaggio all'interno dei sentimenti di Luca, un adolescente che deve convivere con il rimpianto di un non aver afferrato una mano in tempo e con il vuoto lasciato da Letizia, una sua ex compagna di classe che, dopo essere stata violentata, si è suicidata. 

In realtà non avevo esattamente un modello di riferimento. Sicuramente però nella stesura della storia la filosofia ha avuto un ruolo centrale: mi ha dato le parole per pensare e le parole per esprimere i miei pensieri. 

Quali consigli daresti a un giovane che voglia intraprendere la tua strada? 
Non è facile dare dei consigli: per me è tutto nuovo. Sicuramente però direi di provare a prestare attenzione ai sentimenti propri e ai sentimenti altrui: c'è un mondo e una vita che si può tirar fuori dalle emozioni. D’altronde quando leggiamo o quando scriviamo un libro cerchiamo anche delle emozioni e delle parole che sappiano emozionarci e parlarci.
Come immagini il futuro? Sapresti darci tre idee che secondo te guideranno i prossimi anni?

Difficile trovare tre idee che potrebbero guidare i prossimi anni. Ciò che credo è che si stia andando sempre di più verso una società del farcela e non una società del fare: non si tratta più semplicemente di fare qualcosa, ma di dover ottenere un certo risultato. Un continuo porsi asticelle da superare e modelli a cui conformarsi. Ci viene richiesto e ci richiediamo costantemente di essere performanti. Tutto questo non so che effetti ha e avrà sul benessere psicologico dell’individuo.
In cosa bisogna essere veramente coraggiosi oggi?

In tante cose. Sicuramente credo ci voglia un certo coraggio nel guardarsi dentro, nel sapere e nel sapersi perdonare. Non possiamo fuggire da noi stessi, dobbiamo in qualche modo convivere con tutto, con tutti i nostri sbagli, tutte le nostre mancanze, tutte le nostre fragilità. E certamente ci vuole coraggio per provare a scoprire e mostrare il proprio mondo interiore. 

La scrittura per te è più un'opera di introspezione personale oppure uno strumento per ispirare il cambiamento in chi legge?

All’inizio scrivere significava parlare con me, pensare con me e scoprire parti di me. Ad oggi però direi che scrivere significa anche provare con la propria parola a essere vicino e d’aiuto all’altro. Significa anche incontrare persone e creare legami. 

Puoi dedicare un passo del tuo ultimo libro ai lettori di TITOLOPRIMO PIEMONTE

Sì, certo. Dato che ho parlato di legami e incontri, dedicherei questo passo.

“Ci sono persone a cui siamo legate da un filo rosso, incontri voluti dal destino indipendenti da età, sesso, genere e ruolo sociale. Pezzi di anima destinati a scambiarsi reciprocamente e conservarsi eternamente. Incontri portati da azioni esterne e facilitati da situazioni contingenti: un dolore che conduce alla realizzazione di una potenza che non si credeva di possedere. C’è chi lo chiama caso, chi fato, chi destino, chi Dio, poco importa il nome: l’unica cosa che conta è non farsi mangiare dalla paura e tirare reciprocamente quel filo rosso, quei fili rossi che ci legano a chi è in grado di dare silenzi alla nostra mente”.


Grazie della tua disponibilità Vanessa

Grazie a te!





© INTERVISTA REALIZZATA DA DIEGO BOTTIN RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenti

  1. Complimenti a tutti e due, una bella intervista, Vanessa una bella giovane donna, sia dentro che fuori... bravissima

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