Alfiero Grandi |
Giorgia
Meloni è ricomparsa e ha risposto al successo della raccolta delle firme – che
continua – per il referendum per abrogare la legge Calderoli sull’autonomia
regionale differenziata e ai malumori e alle preoccupazioni crescenti nella
destra.
Troppo e troppo
poco.
Troppo poco
per contenere la pressione di Calderoli e dei Presidenti leghisti di Veneto e
Lombardia che vogliono applicare la legge subito (da fine settembre ha detto il
Ministro) fregandosene delle contestazioni sulla sua costituzionalità presentate
da 4 regioni alla Corte, iniziativa non di poco conto visto che questa legge
riguarda loro. Troppo poco di fronte alla massiccia raccolta di firme (515.000
al 4/9 solo on line) che dovrebbe portare a rinviarne l’attuazione a dopo il
giudizio di elettrici ed elettori.
Troppo per
fingere che questa legge non crea problemi, al contrario talmente evidenti che
anche a destra crescono i malumori. Per questo la proposta di cancellarla trova
sostegno anche nell’elettorato di destra, oltre che nell’astensione.
La Presidente
del Consiglio farebbe meglio a decidere che visto che dovranno votare elettrici
ed elettori il Governo si impegna ad attendere i pronunciamenti della Corte sui
ricorsi e l’esito del referendum abrogativo. Questo consentirebbe di restare al
merito delle decisioni, altrimenti è inevitabile che tutti gli strumenti
istituzionali consentiti dalla nostra democrazia dovranno impedire le forzature
del Governo, che agisce sotto il ricatto della Lega.
La prossima
discussione sulla legge di bilancio e sui conti pubblici lascia poco spazio a
illusioni e nell’indicazione degli interventi indispensabili la Presidente del
Consiglio non ha inserito alcun riferimento al finanziamento dei Lep per
sostenere le aree del paese che oggi non sarebbero in grado di avere gli stessi
diritti in materie fondamentali, né il governo ha indicato le funzioni che
ritiene possibile decentrare, ad esempio escludendo la scuola. Quindi il
richiamo ai Lep è posticcio e serve solo a cercare di calmare gli animi, a
prendere tempo.
La legge
Calderoli è sbagliata perché interpreta gli articoli del titolo V attuale per
consentire alle regioni più forti di illudersi di poter fare da sole, entrando
in competizione tra loro e con quelle più deboli, che per di più non avranno
l’intervento di un fondo di solidarietà perché non ci sono soldi.
Quindi
diventerà prevalente un regionalismo competitivo che porterà ulteriori
divaricazioni e disuguaglianze, mentre l’obiettivo dovrebbe essere di ridurle,
di consentire a tutti di avere le stesse condizioni. La Repubblica rimuove gli
ostacoli afferma la Costituzione.
La legge
Calderoli è sbagliata perché taglia fuori il parlamento nelle decisioni che
contano, anzi gli affida il compito di votare scatola chiusa un accordo tra
Governo e Regione come fosse un accordo tra stato e una religione. Accordo da
quel momento immodificabile senza l’accordo della Regione e non sottoponibile a
referendum abrogativo. Della serie: c’è e te lo tieni. Affida a Calderoli
poteri di trattativa fuori controllo che continueranno a produrre effetti
negativi e imprevedibili (a proposito di conti pubblici) attraverso il ruolo di
una commissione mista di fatto onnipotente su soldi, personale, strutture.
Calderoli
stesso ha ricordato che le decisioni sui Lea nella sanità vengono prese in
conferenza delle regioni che debbono accordarsi tra loro sulla ripartizione dei
fondi e i livelli di prestazione e malgrado questo le differenze sono
importanti. Se le decisioni verranno prese attraverso un accordo tra governo e
singola regione nessuno sarà in grado di controllarne i risultati e garantirne
la coerenza.
Troppi, anche
nella destra, hanno sottovalutato la legge Calderoli, forse pensando che in
pratica sarebbe cambiato poco. Purtroppo non è così. Con questa legge si
gettano le basi per un secessionismo di fatto che potrebbe diventare nel tempo
qualcosa di più, perfino la realizzazione della Padania, oggi solo bacino
idrografico. L’obiettivo principale sono i soldi attraverso lo strumento delle
compartecipazioni delle regioni alle entrate fiscali nella regione stessa,
sottraendo risorse allo stato (il debito pubblico chi lo pagherà ?) e alle
altre regioni nell’illusione che questo basti per competere, per
crescere.
E’ un errore
storico. Solo un ruolo nazionale dell’Italia, nell’ambito europeo (oggi
acciaccato) può consentire a tutti di crescere e migliorare, dal Friuli alla
Sicilia.
La Presidente
del Consiglio ha sbagliato lasciando a Calderoli e alla Lega questa iniziativa,
di cui si è occupata tardi e male, in cambio della promessa del Premierato. Ora
deve rimediare, o rimedierà il referendum, continuiamo a raccogliere firme come
prima fase della prossima campagna elettorale. Raggiungere il quorum non sarà
facile ma è una iniziativa importante contro l’astensionismo per riportare i
cittadini a decidere del futuro dell’Italia, di tutti noi, contro la
“capocrazia” della destra.
Alfiero
Grandi
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