di Giuseppina Perlasca – La popolazione d’Israele sta diventando una specie di cavia mondiale sulle sperimentazioni covid. Prima la vaccinazione di massa con il vaccino Pfizer, quindi, al calare della sua efficacia, la decisione di sperimentare l’iniezione di richiamo, la terza puntura, già utilizzata a luglio.
Contagiati dopo la terza dose
ora sembra che anche la terza
iniezione del vaccino Pfizer non sia in grado di fornire una adeguata copertura
e non fermi i contagi, come riporta il Times
of Israel: “I dati del Ministero della Sanità interna mostrano
che 14 israeliani sono stati infettati da COVID-19 una settimana dopo aver
ricevuto un colpo di richiamo, riporta il notiziario di Channel 12“.
La rete televisiva afferma che
11 dei contagiati hanno più di 60 anni, due dei quali sono stati ricoverati in
ospedale, mentre gli altri tre hanno ricevuto la terza dose perché
immunodepressi. Ricordiamo che Israele ha iniziato questa pratica in anticipo,
prima di una approvazione ufficiale e che la stessa politica fosse confermata
da regno Unito e Germania
Se questi dati fossero
confermati sarebbe un duro colpo alla politica vaccinale che cercava la famosa
“Immunità di gregge”. Israele è uno dei paesi al mondo con il maggior tasso di
vaccinati, circa 5,2 milioni di cittadini con due iniezioni. Però, dopo aver
raggiunto un livello così alto d’inoculazioni vi è stata una nuova ondata di
contagi e di ospedalizzazioni anche fra i vaccinati. Ora non è facile
comprendere se questi malati e ricoverati con la terza dose siano stati già
contagiati prima, o dopo la dose stessa, ma nel secondo caso si rischia di
rivelare l’inutilità delle iniezioni di richiamo. scenarieconomici.it
Nessun commento:
Posta un commento